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Controllo a distanza dei lavoratori: novità del jobs act e prevenzione dei reati


Controlli a distanza dei lavoratori

A seguito delle modifiche apportate ai sensi del Jobs Act allo Statuto dei lavoratori, in materia di controlli a distanza, è nato un acceso dibattito, di cui danno notizia diffusamente anche i mass media. La Legge 10 dicembre 2014, n. 183 (GU n. 290 del 15/12/2014) ha conferito delega al Governo in materia di riordino, tra l’altro, della disciplina dei rapporti di lavoro. La legge delega (cd. “Jobs act”), all’art. 1, co. 7, lettera f), stabilisce che il Governo adotti – entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della medesima legge – decreti legislativi attuativi specifici a completamento delle modifiche in alcuni degli ambiti toccati dalla legge delega. Uno di essi, quindi, avrebbe dovuto contenere un testo organico (semplificato) delle discipline delle tipologie contrattuali e dei rapporti di lavoro, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi ivi specificati, in coerenza on la regolamentazione della UE e delle convenzioni internazionali, ed in particolare quello di “revisione della disciplina dei controlli a distanza sugli impianti e sugli strumenti di lavoro, tenendo conto dell’evoluzione tecnologica e contemperando le esigenze produttive ed organizzative dell’impresa con la tutela della dignità e della riservatezza del lavoratore”.

Nella seduta del 12 giugno, il Governo ha approvato e inviato alle Camere, per il previsto parere (non vincolante), la bozza del decreto legislativo attuativo della delega sulle semplificazioni che, tra l’altro, prevede all’art. 23 una proposta di modifica all’articolo 4 della legge 20 maggio 1970, n. 300 meglio noto come Statuto dei Lavoratori. L’orientamento altalenante e controverso della Giurisprudenza evidenzia da molti anni la necessità di un intervento legislativo innovatore sull’art. 4, che introduca regole più chiare e recepisca sia alcune “massime” giurisprudenziali sia l’evoluzione tecnologica dei mezzi di controllo (l’art. 4 è stato redatto in un’epoca addirittura antecedente alla diffusione delle videocamere). Il tema della legittimità dei controlli ha assunto una rilevanza ancora maggiore con l’introduzione, nel nostro ordinamento giuridico, dal 1995 in avanti, delle disposizioni in materia di tutela dei dati personali (attualmente, d.lgs. 30/6/2003, n. 196). Il confine tra legittime esigenze del datore di lavoro e tutela della privacy del lavoratore è anch’esso di difficile definizione. In passato, il Garante privacy è intervenuto stabilendo ad esempio che, per l’esercizio del suo potere di controllo, il datore di lavoro non può utilizzare “apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori”, tra cui rientrano anche “strumentazioni hardware e software mirate al controllo dell’utente di un sistema di comunicazione elettronica”, in quanto lesive della libertà e della dignità del lavoratore. Il trattamento dei dati che ne consegue è illecito, a prescindere dall'illiceità dell'installazione stessa e anche quando i singoli lavoratori ne siano consapevoli.(...)

Nell’incerto quadro interpretativo che riguarda il delicato tema dei controlli a distanza, si inserisce il recente Decreto Legislativo, approvato dal Governo il 12 giugno 2015 e attualmente in discussione presso alle Camere, il quale, all’art. 23 (“Modifiche all’articolo 4 della legge 20 maggio 1970, n. 300 e all’articolo 171 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196”) stabilisce quanto segue: “1. L’articolo 4 della legge 20 maggio 1970, n. 300 è sostituito dal seguente: «ART. 4. Impianti audiovisivi e altri strumenti di controllo. Gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e possono essere installati previo accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali. In alternativa, nel caso di imprese con unità produttive ubicate in diverse province della stessa regione ovvero in più regioni, tale accordo può essere stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. In mancanza di accordo gli impianti e gli strumenti di cui al periodo precedente possono essere installati previa autorizzazione della Direzione territoriale del lavoro o, in alternativa, nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più Direzioni territoriali del lavoro, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. 2. La disposizione di cui al primo comma non si applica agli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze. 3. Le informazioni raccolte ai sensi del primo e del secondo comma sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196» . 2. L’articolo 171 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, è sostituito dal seguente: . «ART. 171. Altre fattispecie. La violazione delle disposizioni di cui all’articolo 113 e all’articolo 4, primo e secondo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, è punita con le sanzioni di cui all’articolo 38 della legge n. 300 del 1970.»ART. 24 (Cessione dei riposi e delle ferie). Fermo restando quanto disposto dal decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, i lavoratori possono cedere a titolo gratuito “. La (proposta di) riforma, relativamente ai sistemi audiovisivi, con particolare riguardo alla loro riconducibilità o meno all’obbligo di accordo sindacale, prevede innovativamente che: 1. gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori possono essere impiegati anche per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale (oltre che per le già previste esigenze produttive e organizzative); 2. non è tuttavia necessario l’accordo con le rappresentanze sindacali in caso di strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze”: è questo passaggio della proposta di riforma che crea maggiori contestazioni. 3. “le informazioni raccolte dal datore di lavoro a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196”: occorre quindi rispettare, per poter utilizzare legittimamente le evidenze raccolte tramite i sistemi di controllo, l’obbligo informativo di cui all’art. 13 del D.Lgs. 196/2003 nonché quanto previsto dalle direttive del Garante privacy.

Resta perciò da applicare in modo completo la normativa in materia di protezione dei dati personali, che comunque pone vincoli non irrilevanti al potere datoriale di porre in essere attività di raccolta di dati personali tramite sistemi di controllo. Le novità in materia di controlli a distanza sono state spiegate tramite la Relazione illustrativa di accompagnamento del provvedimento sulla semplificazione delle procedure e degli adempimento a carico di cittadini e imprese. Il Governo indica che, in sostanza, non avranno bisogno di alcun via libera formale i controlli effettuati sugli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere operativa la prestazione lavorativa e su quelli di registrazione degli accessi e delle presenze. I dati che emergeranno da tali controlli potranno essere "utilizzati ad ogni fine connesso al rapporto di lavoro, purché sia data al lavoratore adeguata informazione circa le modalità d'uso degli strumenti e l'effettuazione dei controlli, sempre, comunque, nel rispetto del Codice privacy".

E’ evidente, tuttavia, che le spiegazioni del Governo non hanno risolto tutti i dubbi. Resterebbe la caratteristica di divieto “flessibile”, la cui applicabilità, tuttavia, sembrerebbe più ampia. Sulle novità in analisi è intervenuto anche il Garante per la privacy, che ha osservato come "Un più profondo monitoraggio di impianti e strumenti non deve tradursi in una indebita profilazione delle persone che lavorano", auspicando che “il decreto legislativo all’esame delle Camere sappia ordinare i cambiamenti resi possibili dalle innovazioni in una cornice di garanzie che impediscano forme ingiustificate e invasive di controllo, nel rispetto della delega e dei vincoli della legislazione europea". L’attività di vigilanza espletata dall’Odv può comportare l’utilizzo di evidenze raccolte con sistemi di controlli a distanza attuati dalla società. Ne deriva, pertanto, la rilevanza della problematica anche nell’ambito dei modelli organizzativi.

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